1-L’UE attore ininfluente in Nord Africa?

“Protezionismo è un termine improprio. Le uniche persone protette da tariffe, quote e restrizioni commerciali sono quelle impegnate in attività non produttive e dispendiose. Il libero commercio è l’unica filosofia che si adatta alla pace internazionale e la prosperità” (Apolte 2010). Queste parole, scritte da Walter Block, eminente economista della Scuola Austriaca e difensore del pensiero anarco-capitalista, si riferiscono alla convinzione per cui il capitalismo liberale non solo sarebbe a priori il miglior modello economico per qualsiasi società, ma anche condizione indispensabile della pace. Tuttavia, ci si potrebbe chiedere se le rivoluzioni scoppiate nell’area meridionale e orientale del mediterraneo, ossia in Nord Africa e Medio Oriente, siano legate da un rapporto più o meno causale all’ adozione delle riforme neoliberiste da parte dei paesi arabi, dietro spinta delle istituzioni internazionali, quali a titolo di esempio Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale. Dal momento che già un numero significativo di studiosi (Bergh 2012; Joya 2017) ha indagato sugli effetti depressivi indotti dalle scelte di natura economica fatte dalle istituzioni economiche sorte all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, cioè l’FMI e BM, questo articolo intende esplorare il ruolo dell’UE nella promozione di tali politiche economiche nell’area MENA (Middle East and North Africa).

Inoltre, l’articolo mette in discussione l’attuale opinione secondo cui l’UE sarebbe un attore ininfluente nelle dinamiche locali del Medio Oriente e/o un mero spettatore degli sconvolgimenti socio-politici della sponda Sud del Mediterraneo (da ricordare come l’intervento su suolo libico sia da ricondurre all’interno di tale quadro dal momento che i paesi europei agirono militarmente come membri della NATO e non dell’UE). Tale opinione è ulteriormente corroborata dal fatto che i paesi europei sono divisi nel campo della Politica di Sicurezza e Difesa Comune, per non parlare della difficoltà di raggiungere decisioni unanimi sull’avvio di operazioni militari (Menon 2011). In tale prospettiva, che teorizza l’influenza esclusivamente in termini di potere (politico-militare) o di potenza, l’UE non avrebbe avuto un’importanza cruciale nel provocare instabilità nella regione.

Al contrario, sosterrò che, da un punto di vista neo-gramsciano, l’UE ha avuto un ruolo non secondario nello scoppio delle Primavere Arabe, in quanto le politiche promosse nella regione MENA riflettevano gli interessi del capitale transnazionale. 

L’articolo è strutturato in sei capitoli. Il primo introduce l’approccio teorico basato sul pensiero Gramsciano e sul concetto centrale di egemonia. Come si vedrà, il pensiero neo-gramsciano getta luce sul ruolo determinante delle élites nella determinazione dell’agenda della Politica Mediterranea dell’UE. Il secondo capitolo si soffermerà dapprima sul concetto di neoliberismo per poi spiegare quale luogo l’UE occupa nella gerarchia dell’egemonia globale neoliberista, ossia analizzare i legami tra UE e quelle organizzazioni internazionali, quali FMI e BM, che sono i principali alfieri dell’ideologia neoliberista, così come formulata dal Washington Consensus.

Il terzo capitolo è dedicato a illustrare la traiettoria della politica europea nell’area meridionale del Mediterraneo dalla Dichiarazione di Barcellona alla Politica Europea di Vicinato, vista alla luce del concetto gramsciano di rivoluzione passiva (Bohle 2006). Tale approccio risulterà utile ai fini della comprensione sia dei meccanismi che hanno condotto l’élite dominante internazionale a beneficiare della liberalizzazione economica nella regione a spese delle classi subordinate, sia della natura del cambiamento della politica economica nei paesi arabi, da non far risalire ai bisogni intrinsechi della popolazione locale, ma all’influenza degli sviluppi avvenuti a livello internazionale.

Nel quarto capitolo, analizzerò brevemente l’Unione per il Mediterraneo, sostenendo che essa non segnò alcun scostamento significativo dalle precedenti partnerships, in quanto la liberalizzazione economica rimase pur sempre il cuore dell’azione esterna dell’UE.

Nel quinto e ultimo capitolo, il caso egiziano esemplificherà come l’esportazione delle misure neoliberiste abbiano rafforzato i regimi autoritari nel breve periodo, mentre abbiano contribuito a causare malcontento e sentimenti di rivolta sociale nel lungo termine. In particolare, si scoprirà che la liberalizzazione economica ha favorito l’emergere di una nuova forma di autoritarismo: il neo-patrimonialismo, che differisce dal patrimonialismo tradizionale in certi aspetti.

In ultima analisi, si mostrerà come l’approccio europeo alla regione sia ancora improntata a una mentalità neoliberista e che i pochi cambiamenti introdotti all’indomani delle Primavere Arabe non possono essere considerati segno di un approccio radicalmente diverso.

2Una prospettiva neo-gramsciana

L’approccio teorico, già a più riprese menzionato, è profondamente radicato nel sostrato filosofico del pensiero marxista, in quanto individua nelle classi il giusto livello d’analisi e abbraccia la dottrina del materialismo storico, secondo cui è la combinazione delle forze produttive e delle relazioni di produzioni (la struttura) a determinare le norme e i valori (superstruttura) della società. Tuttavia, Gramsci sottolineò l’importanza della superstruttura, superando il rigido determinismo del socialismo scientifico (Cox 1983).

Al centro del pensiero neo-gramsciano, si colloca il concetto di egemonia, che va al di là del comune significato di influenza politico-militare esercitata da uno stato su un altro stato o popolazione. L’egemonia infatti è un concetto fluido, non monolitico e statico come quello di potere. L’egemonia è il dominio della classe dominante realizzato attraverso una combinazione sapiente di coercizione e consenso (Cox 1983).

Il momento egemonico prevale fintantoché la dimensione consensuale è dominante, mentre la coercizione è limitata a casi eccezionali, in cui l’uso della forza diventa una necessità (Bohle 2006). Il consenso permette all’élite dominante di influenzare il comportamento e l’orientamento generale delle classi subordinate, assegnando a valori e norme particolari una valenza universale. Secondo Robert Cox:

L’egemonia internazionale non è meramente un ordine di stati. Esso è un ordine, all’interno del quale figura un’economia mondiale con un modo di produzione, che raggiunge tutti i paesi e si lega ad altri modi di produzione subordinati. È anche un complesso di relazioni sociali su scala internazionale che connette le classi sociali di differenti paesi. L’egemonia globale è descrivibile come una struttura sociale, una struttura economica e una struttura politica. E non può semplicemente essere una di queste cose, ma deve essere tutte e tre.

(Cox, 1983; 172)

Inoltre, non sarebbe sbagliato in questo specifico caso integrare l’analisi neogramsciana con la teoria neofunzionalista al fine di spiegare le ragioni per cui l’UE ha dato precedenza alle relazioni economiche con i paesi del Mediterraneo orientale piuttosto che alle riforme politiche nel campo della democrazia e dei diritti umani. Il neofunzionalismo é una teoria di integrazione regionale, che afferma che l’integrazione di paesi in alcuni settori economici genera ricadute positive in altri campi, come quello politico. Sotto questo aspetto, la democratizzazione può essere vista come il prodotto della crescita dei rapporti economici tra l’UE e i paesi in via di sviluppo. Questa teoria assomiglia, per certi versi, all’approccio marxista, in quanto la base sarebbe la base economica a determinare l’insieme delle norme, dei valori e delle istituzioni di una data società (Lia, 1999)

Massimo Ronco

Bibliografia:

Apolte, T. (2010). New Protectionism and the European Union: A Theoretical Background with a Critical Overview of Current Developments, University of Munster, Germany.

Bergh, S. I. (2012). Introduction: Researching the effects of neoliberal reforms on local governance in the Southern Mediterranean, Mediterranean Politics, 17(3), pp. 303-321.

Bohle, D. (2006).  Neoliberal hegemony, transnational capital and the terms of the EU’s eastward expansion, European Journal of International Studies, 30(1), pp. 57-86.

Cox, R. (1983). Gramsci, Hegemony and International Relations: An Essay in Method, Millennium: Journal of International Studies, 12(2), pp. 162-175.

Joya, J. (2011). The Egyptian revolution: crisis of neoliberalism and the potential for democratic politics, Review of African Political Economy, 38(129), pp. 367-386.

Lia, B. (1999). Security challenges in Europe’s Mediterranean periphery ‐ perspectives and policy dilemmas, European Security, 8(4), 27-56.

Menon, A. (2011). European Defence Policy from Lisbon to Libya, Survival, 53(3), pp. 75-90.