Il Front national di Jean Marie Le Pen prima e Marine Le Pen dopo è il primo partito a cui si pensa quando si fa riferimento all’estremismo di destra in terra francese. Il decennio degli anni ’70 rappresenta un punto di svolta fondamentale per questa famiglia politica: oltre alla nascita del Front national (1972), è in questo momento che si collocano la nascita della Nouvelle droite, del G.R.E.C.E. e del Club dell’Horloge: tre realtà che, per quanto differenti tra loro, hanno contribuito a fornire all’estremismo di destra una nuova base dottrinale. Tra i principali teorici si trova Alain De Benoist, molto critico nei confronti di quest’ ala politica, come si può evincere dalle sue parole riportate all’interno del volume di Gervasoni[1]:

“La vecchia destra è morta e se lo è meritato. È morta per aver vissuto di rendita con la sua eredità, i suoi privilegi ed i suoi ricordi. Ed è morta per non aver avuto né volontà né progetto”.

Il tentativo è dunque chiaro, almeno sulla carta: tentare di dare alla destra una progettualità che fino a questo momento è mancata. Tuttavia, la Nouvelle droite, come le altre due realtà sopra citate, non hanno mai trovato un partito che possa essere definito come loro interlocutore privilegiato. Un tentativo fu portato avanti da Bruno Mégret, braccio destro di Jean Marie Le Pen a partire dalla campagna per le presidenziali francesi del 1987. Ben presto però le frizioni con il leader del partito divennero sempre più numerose, fu attorno ad una di queste che si verificò la rottura: Mégret ambiva alla costituzione di un partito in grado di governare a tutti gli effetti, non facendo i conti con la volontà lepenista. Taguieff, un sociologo francese, definì la scelta di Jean Marie Le Pen come “choix du ghetto politique”, sulla stessa linea interpretativa si pose un altro sociologo, Duverger, il quale parlò di “petit parti de minorité permanente”. La diversità tra le due visioni rese inevitabile la scissione: Mégret fondò così il Mouvement national républicain, un’esperienza politica che però non ebbe alcun risultato concreto se non quello di dividere ulteriormente l’elettorato dell’estrema destra.  

L’estrema destra negli anni ’60: Occident e Ordre Nouveau

Storicamente è stato questo uno dei grandi problemi di quest’area politica: l’esistenza di una pluralità di realtà ultraminoritarie e politicamente ininfluenti, prive di un leader carismatico in grado di imporsi nella dinamica politica nazionale e dare forma ad un elettorato molto disperso. Occident e Ordre Nouveau ne sono esempi emblematici, due realtà sorte lungo il decennio degli anni ’60.

Occident nacque nel 1964 e fin da subito si caratterizzò per una base militante proveniente in gran parte dagli ambienti studenteschi (non una novità nel contesto dell’estrema destra francese): le cifre ufficiali riguardanti gli aderenti non vanno oltre le 2000 unità nel periodo di massima espansione. Se politicamente era ininfluente, animò però le pagine di cronaca dei principali quotidiani francesi per le azioni violente messe in atto: fu proprio per una di queste, un attentato ad una libreria maoista, che il movimento venne soppresso.

Ordre Nouveau fu fondato nel 1969, sorto a seguito della crisi attraversata dalla destra francese (moderata ed estrema) in occasione del voto a favore di Pompidou: l’ala più estrema parlò esplicitamente di tradimento e fu così costituito Ordre Nouveau. È un movimento che racchiude militanti di estrema destra di più generazioni con una marcata componente fascista: al suo interno si ritrovano ex collaborazionisti, ex poujadisti e alcuni superstiti dell’attivismo algerino. Tuttavia, anche in questo caso, sono i violenti scontri a causarne lo scioglimento, effettivo dal 1973.

Jean Marie Le Pen: il leader carismatico che si aspettava

Jean Marie Le Pen

Il decennio degli anni ’70 si apre con la fondazione del Front national di Jean Marie Le Pen e fin da subito lo si ritenne il contenitore perfetto per racchiudere le varie correnti dell’estremismo di destra, questa volta però con una marcia in più: un leader carismatico. Tuttavia, il primo test elettorale però si tramutò in una vera e propria batosta: il partito non andò oltre il 2% dei consensi, animando subito le correnti interne. Tra queste, la più influente fu quella condotta dagli ex membri di Ordre Nouveau, che diedero vita alla prima scissione del partito: nel 1974 costituirono il PFN, il Parti des forces Nouvelles, con scarsi successi politici ed elettorali accompagnati da una dispersione dell’elettorato.

Jean Marie Le Pen fu il leader incontrastato del Front national dalla sua fondazione fino all’aprile del 2010, quando annuncia al congresso del partito di non volersi ripresentare per la presidenza e non voler concorrere alle prossime elezioni. I candidati alla successione furono due: Marine Le Pen e Bruno Gollnisch (prima segretario generale del partito e poi sostituto di Mégret alla Delegazione generale). Fu il congresso di Tours, datato gennaio 2011, ad incoronare Marine Le Pen presidente del partito.

Il marinisme: avvio della dédiabolisation

Si inaugura così nuovo corso politico, definito marinisme per differenziarlo da quello perseguito dal padre, detto lepenisme: la dédiabolisation è il concetto attorno al quale si muove programma politico di Marine Le Pen. La traduzione letterale è dediabolizzazione: la linguista Sini[2] ha sottolineato come il partito si auto percepisse diabolisé e stigmatizzato da parte della società civile; l’intento, perciò, è quello di superare questo stigma e rendere il partito presentabile in quanto soggetto politico, sia agli occhi degli elettori che tra i partiti stessi. Il cambio della denominazione del partito, da Front national a Rassemblement national, accompagnato da una rivoluzione a livello dirigenziale, va inteso in questa direzione.

Punto di avvio della dédiabolisation, continua Sini, è un cambiamento a livello comunicativo: ni droite ni gauche, la cui traduzione letterale è né destra né sinistra, è lo slogan con cui Marine Le Pen si presenta al pubblico elettore francese. Tra gli storici che più si sono occupati del tema, è impossibile non citare il politologo italiano Ignazi. In particolar modo, egli sottolinea un aspetto emblematico del partito di Marine Le Pen, vale a dire la capacità di introdurre nel discorso nazionale il tema legato all’immigrazione, un cavallo di battaglia storico del suo partito. È tale tematica ad essere, ad oggi, la più studiata da storici e politologi, soprattutto indagando la correlazione tra immigrazione e voto per l’estrema destra. A tal proposito, Ignazi offre una sua interpretazione, sottolineando come non sia la percentuale di immigrati il dato da tenere in considerazione ma piuttosto la capacità di penetrazione del discorso xenofobo nel dibattito nazionale, capacità egregiamente messa in luce dal Front national.

Ni droite ni gauche, né destra né sinistra, alle presidenziali del 2017

Le presidenziali del 2017 hanno visto l’imposizione di Marine Le Pen ed Emmanuel Macron, con il trionfo di quest’ultimo al secondo turno elettorale. Sono state elezioni spartiacque all’interno della politica francese perché per la prima volta entrambi gli schieramenti si sono fatti portavoce dello stesso slogan: ni droite ni gauche. Se ciò non era una novità per quanto riguarda il discorso marinista, lo era per il neonato partito di Macron, sorto soltanto un anno prima delle presidenziali. L’interrogativo comune riguarda la possibilità (o la sensatezza) o meno di una divisione ancora netta tra destra e sinistra: il sociologo Vincent Tiberji, insegnante presso Sciences Po, ha evidenziato una sempre più marcata tentation de l’obsolescence, riscontrabile sia a livello partitico sia a livello di elettorato. Le recenti elezioni dipartimentali hanno dimostrato però un ritorno ai partiti tradizionali, anche se l’astensionismo ha raggiunto numeri importanti. Il vero banco di prova saranno le elezioni presidenziali del 2022, che si preannunciano come un nuovo testa a testa tra i due candidati del 2017.

Sara Ghisoni


Note e bibliografia

[1] M. Gervasoni, La Francia in nero. Storia dell’estrema destra dalla Rivoluzione a Marine Le Pen, Marsilio Nodi, Venezia, 2017.

[2] L. Sini, Il Front national di Marine Le Pen. Analisi del discorso frontista, Edizioni ETS, Pisa, 2017.